K.O. per i consumi nei settori Alimentazione e Sanità
Estremizziamo per rendere appieno l’idea: tra una fetta di
carne, un check up e un Gratta e Vinci, gli italiani scelgono sicuramente
quest’ultimo, perché la fame è tanta sì, ma la speranza- come si dice - è
l’ultima a morire.
I dati resi noti dall'Istat sui consumi delle famiglie
nell’anno 2013, parlano da soli:
-3,1% nel settore alimentare e -5,7% per la sanità. Si tratta di percentuali
estremamente indicative della situazione di profonda crisi in cui vivono gli
italiani. Secondo l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori infatti, a causa
della riduzione del proprio potere di acquisto, una famiglia di tre persone nel
2013 è stata costretta a ridurre i propri consumi alimentari di circa 309 euro.
Per contro, l'unico settore che non conosce crisi-
incredibile ma vero- è quello del gioco, il cui giro d'affari cresce in maniera
esponenziale di giorno in giorno ed è arrivato ad assorbire oltre il 12% della
spesa delle famiglie. Roba da mani tra i capelli. Questo tipo di “consumo” non
consola affatto, anzi: non fa che evidenziare chiaramente la disperazione dei
cittadini che affidano la propria speranza di fuoriuscita dalla crisi
affidandosi alle mani della dea bendata.
In questo modo continuiamo a portare in tavola i piatti
previsti dalla dieta della speranza, attingendo da un buffet ricco non solo di
Gratta e Vinci, ma anche di lotterie, slot e scommesse di ogni genere. Una
situazione che, solo a scriverne, suscita immenso disagio e difficoltà.
Cosa fare per riprendere in mano le redini? Secondo la
Federconsumatori, tanto per cominciare “è necessario un intervento urgente
contro le speculazioni nei vari passaggi di filiera, che ancora incidono
pesantemente sui prezzi dei beni, frenandone la domanda”. Ma indispensabile è
anche “avviare misure immediate per il rilancio del potere di acquisto delle
famiglie e la ripresa della domanda interna, attraverso una detassazione a
favore del reddito fisso (lavoratori e pensionati) e misure per il rilancio
dell'occupazione, in particolar modo quella giovanile”.
Attenzione alle fasce maggiormente colpite
In realtà il problema è molto più ramificato di quanto si
pensi, dal momento che non lo si può certo slegare da quella che impropriamente
viene definita ludopatia.
Negli ultimi anni infatti è aumentato drasticamente il
numero delle persone “cascate” nel vortice del gioco d’azzardo, con particolare
riferimento alle classi sociali più deboli e agli over 65 che dilapidano la
propria pensione nella speranza di fare fortuna. Secondo l'indagine “Anziani e
azzardo”, condotta da Auser, gruppo Abele, Coop Piemonte e Libera (condivisa da
LaRepubblica.it), su mille anziani intervistati, il 70,7% ha ammesso di aver
giocato almeno una volta nell'ultimo anno. Nel 16,4% dei casi i questionari
hanno rilevato una situazione “problematica” in cui l'assuefazione all'azzardo
è di gravità medio-alta. Fortunatamente non tutti i giocatori sono patologici:
il 56,4% scommette senza determinare ripercussioni economiche o sociali; e
comunque la maggior parte gioca per vincere denaro, per divertimento e per incontrare
persone. Un dato che rispecchia la “log(ist)ica” del gioco: non è un caso
infatti che i luoghi in cui si scommette maggiormente siano le ricevitorie e i
bar.
Secondo lo studio, il 30% degli anziani gioca a Lotto e
Superenalotto, il 26,6% al Gratta e Vinci e alle lotterie istantanee. Questi
dati non solo incidono pesantemente sulla qualità di vita delle persone: si
stima che ogni anno le casse statali sborsino circa 6 miliardi di euro in spese
sanitarie e giudiziarie, per non parlare dell'aumento dei crimini legati
all'usura. Eppure questo non basta ad ottenere un’inversione di marcia da parte
del Governo che, anziché impegnarsi in una lotta significativa contro questo
cancro sociale, continua a fare “orecchie da mercante” rispetto agli appelli delle
Associazioni impegnate in questa guerra. “Tutte le forze democratiche - afferma Auser nazionale- devono domandarsi quale modello culturale e
di sviluppo ne può derivare e se quindi sia eticamente accettabile che lo Stato
favorisca la società concessionarie
anche mediante una politica fiscale in virtù della quale alcuni giochi
sono tassati meno dell'1%”.
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