"Lo spazio sta
al luogo, come la parola sta al discorso parlato, e quindi lo spazio è la
parola quando non è parlata... " (M. De Certau)
Architettura e design: tra i vari significati che vogliono
esprimere c’è la comunicazione. La prima descrive uno spazio, una funzione, un
sistema di vita, un insieme “sociale” fatto di luoghi, cose e persone che
interagiscono tra loro. Il secondo dichiara
modi di vivere, usi, abitudini e costumi, concetti legati alla fruizione dello
spazio che ci circonda, e alle modalità con le quali l’uomo si appropria di
esso. Entrambi sono sia un mezzo di comunicazione che comunicazione stessa.
Comunicare attraverso l’architettura, oggi più che mai, è una
necessità, dettata dall’esigenza di dare visibilità a idee, oggetti e persone.
Solitamente i negozi si occupano quasi esclusivamente di curare i
contenuti legati al marketing e all’immagine aziendale: tale forma di
espressione si può definire “micro-architettura” ed è prevalentemente espositiva.
Nel corso del ‘900 però l’architettura dei negozi è diventata un’occasione
per integrare e innovare gli spazi di vendita, permettendo di divulgare un
messaggio sia visivo che sensoriale, attraverso l’allestimento dell’interno e
delle vetrine, che hanno il compito di richiamare l’attenzione dei passanti.
Spesso i grandi architetti, forse sempre in minore misura oggi,
hanno discriminato questo tipo di architettura. Eppure abbiamo un importante
esempio italiano di sperimentazione ben riuscita: lo stabilimento dell’Olivetti di Venezia,
progettato dall’architetto Carlo Scarpa, è il tipico caso in cui l’architettura
diventa un puro vuoto che accoglie il prodotto e al contempo parla di arte.
Naturalmente non esistono regole fisse per il commercio e ognuno
può trovare diversi modi per vendere un prodotto ed esprimere la propria
identità. Resta però importante definire l’immagine che “ci” rappresenta.
Il minimo comune denominatore è la necessità di attirare la
clientela, rendere desiderabile il prodotto e caratterizzare lo spazio in modo
che l’atto dell’acquisto risulti un’esperienza piacevole.
Fondamentalmente si tratta di adattare le tendenze a queste
funzioni primarie. Ed ecco che il minimalismo, con le sue superfici bianche e i
campionari ordinati, a trent’anni dal suo avvento continua ad essere uno degli
stili più presenti nel mondo dell’abbigliamento e del design: nello sfondo
neutro il prodotto diventa protagonista assoluto. Le grandi marche preferiscono invece il classico ‘moderno’,
in cui l’ordine va accompagnato da materiali ricchi e mobili che creano atmosfere
di lusso e comfort.
Ma c’è anche chi preferisce ricreare atmosfere domestiche; e il
“trash-chic” che trae le sue radici dal punk e abbina il design alla novità con
materiali semplici e riciclati.
Mutevole, sospesa tra progetti di architettura e design,
allestimento e comunicazione, per architetti e designer il negozio resta dunque
una grande occasione per sperimentare le proprie ricerche sui segni e sullo
spazio.
arch.Vito Console Pentrelli
arch. Erika Ficarelli
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