lunedì 24 febbraio 2014

ALL’ALBA DELL’UMANITÀ, UN TABLET COME TAVOLOZZA

“All’alba dell’umanità, ancor prima di inventare la scrittura, l’uomo sentì la necessità di comunicare, di lasciare una traccia di sé nel mondo, e lo fece tramite la pittura. Quell’uomo si rapportava ogni giorno con il sole, con la terra, con l’acqua, con il cielo, integrandosi armonicamente con la natura […] consapevole dei propri limiti. L’uomo contemporaneo ha rinnegato quei limiti e calpestato quel rispetto […]”.
Così si apre il Manifesto dell’Arte Neorupestre: un’ode alla vita, un vero e proprio inno al rispetto della natura e quindi di se stessi, un invito a ripartire dagli albori per ricostruire un “nuovo mondo”. A sigillo del Manifesto, la firma di Andrea Benetti: classe 1964, bolognese di fama internazionale, ha alle spalle una carriera ricca di collaborazioni con importanti nomi del panorama artistico contemporaneo e attualmente alcune sue opere rientrano nella collezione del Quirinale, delle Nazioni Unite, del Vaticano e del Ministero di Giustizia argentino a Buenos Aires. Benetti ha presentato il Manifesto dell’Arte Neorupestre alla 53° Biennale di Venezia e a breve approderà anche a Bari, con la mostra “Colori e suoni delle origini”. Curata dallo spirito sensibile di Stefania Cassano, la mostra si presenta come una sperimentazione sensoriale, una commistione di pittura e musica in cui il pennello dell’artista bolognese si affianca alla tromba e alla voce di Frank Nemola, in una spettacolare performance musicale che chiama il visitatore ad attraversare il simbolico ponte che ri-collega la contemporaneità alle origini dell’uomo.
Alla base del progetto, l’analogia tra il primordiale e l’odierno modo di comunicare: entrambi estremizzazione delle semplificazioni- il primo per necessità, il secondo per virtù-, si affidano esclusivamente alla vista e all’udito. Solo due sensi dunque, perché proprio nella semplicità percettiva si racchiude l’essenza della comunicazione, non solo tra gli uomini, ma anche e soprattutto con la natura che ci circonda.


Il tablet può diventare la nostra tavolozza, la tela ce l’abbiamo sotto gli occhi.

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