lunedì 24 febbraio 2014

CASO ROSSANI: TESTIMONIANZA DI UNA CITTADINANZA INESISTENTE


Ad entrarci, dal quel portone in corso Sicilia, non si crede ai propri occhi, figuriamoci a dirlo. Eppure ogni barese dovrebbe andare a visitarla, la Caserma Rossani, l’ex Caserma Rossani. Un immenso, gigantesco spazio  che si staglia lì, al centro della città, collegando quasi due quartieri: abbandonato. O quasi. Perché fino a qualche giorno fa (parliamo al massimo di due settimane) non ci si poteva neanche mettere piede: immondizia e rifiuti di ogni sorta, tanto verde incolto, lasciato crescere allo stato brado. E la situazione era tale all’aperto come negli stanzoni, ormai da tempo abitati da alcuni senza fissa dimora. Un enorme degrado intorno al quale giriamo giorno dopo giorno, da anni ed anni; un’emergenza lasciata all’incuria di un’amministrazione inesistente ma anche all’imbarbarimento del senso di appartenenza dei cittadini verso gli spazi comuni. Se non fosse per quel gruppo di manifestanti che, scacciati appena il mese scorso da Villa Roth, hanno declinato l’offerta di “tornarsene a casa”, deviando verso l’immobile in questione e, presto detto, si sono rimboccati le maniche per ripulire quello scempio grande almeno due volte il Parco 2 giungo (giusto per farvi un’idea).

L’occupazione- se vogliamo chiamarla così- ha dato l’opportunità di documentare quanto questa situazione abbia notevolmente e ormai da tempo superato ogni limite umanamente accettabile. Quello che più sconcerta però non sono tanto le promesse da marinai che si sono susseguite negli anni, specie in corso di campagne elettorali; quanto soprattutto il silenzio dei cittadini che, privati di cotanto bene comune, hanno proseguito muti la loro vita, costeggiando magari ogni mattina quella struttura fantasma senza che la cosa li preoccupasse o interessasse minimamente. La domanda allora sorge spontanea: è mai possibile che siano sempre “gli altri” a dover parlare ed agire anche per “noi”?

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