Ad entrarci, dal
quel portone in corso Sicilia, non si crede ai propri occhi, figuriamoci a
dirlo. Eppure ogni barese dovrebbe andare a visitarla, la Caserma Rossani, l’ex Caserma Rossani. Un immenso, gigantesco
spazio che si staglia lì, al centro
della città, collegando quasi due quartieri: abbandonato. O quasi. Perché fino
a qualche giorno fa (parliamo al massimo di due settimane) non ci si poteva neanche mettere piede: immondizia e rifiuti di
ogni sorta, tanto verde incolto, lasciato crescere allo stato brado. E la
situazione era tale all’aperto come negli stanzoni, ormai da tempo abitati da
alcuni senza fissa dimora. Un enorme degrado
intorno al quale giriamo giorno dopo giorno, da anni ed anni; un’emergenza
lasciata all’incuria di un’amministrazione
inesistente ma anche all’imbarbarimento
del senso di appartenenza dei cittadini verso gli spazi comuni. Se non
fosse per quel gruppo di manifestanti che, scacciati appena il mese scorso da
Villa Roth, hanno declinato l’offerta di “tornarsene a casa”, deviando verso
l’immobile in questione e, presto detto, si sono rimboccati le maniche per ripulire quello scempio grande almeno due
volte il Parco 2 giungo (giusto per farvi un’idea).
L’occupazione- se vogliamo chiamarla così- ha dato l’opportunità di documentare
quanto questa situazione abbia notevolmente e ormai da tempo superato ogni
limite umanamente accettabile. Quello che più sconcerta però non sono tanto le
promesse da marinai che si sono susseguite negli anni, specie in corso di
campagne elettorali; quanto soprattutto il
silenzio dei cittadini che, privati di cotanto bene comune, hanno
proseguito muti la loro vita, costeggiando magari ogni mattina quella struttura fantasma senza che la cosa li
preoccupasse o interessasse minimamente. La domanda allora sorge spontanea: è
mai possibile che siano sempre “gli altri” a dover parlare ed agire anche per
“noi”?
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