venerdì 7 febbraio 2014

PRECARIATO MADE IN ITALY? NO, GRAZIE

Un mestiere antichissimo, quello dell’artigiano, radicato nel tempo e nella storia, caratterizzato da alti e bassi. Ultimamente soprattutto di bassi. Perché se nell’antica Roma avevano ottenuto la dignità di “cavaliere”, nell’età del Cavaliere gli artigiani quella stessa dignità devono difenderla con le unghie e con i denti. Precario il made in Italy, precarie le storiche botteghe, precaria la produzione, precari il centro e la periferia: dove è prevalsa l’ingordigia delle grandi industrie, gli artigiani e i bottegai sono diventati troppo costosi.

Negli anni ’70 gli italiani erano considerati “i cinesi” d’Europa; negli anni ’80 invece si è assistito all’exploit dell’homemade con lavoratori che si sono licenziati per aprire piccoli laboratori specializzati, e aziende che, avvalendosi di quegli stessi laboratori esterni, hanno pian piano costruito la fama del made in Italy. Poi è arrivata la fame delle grosse aziende che anteponevano il profitto alla qualità: la competenza e l’amore per il prodotto artigianale a poco a poco sono stati sostituiti dalla logica del guadagno. Per non parlare delle lobby che negli ultimi anni hanno ostacolato ogni disegno di legge che andasse a tutelare il Made in Italy, a danno dei piccoli produttori e consumatori. Ed ecco che arriviamo al presente, dove il tentativo di ridurre i costi ha quasi smembrato il comparto.
Allora se nell’ultimo anno ben 5 mila negozi di abbigliamento hanno cessato l’attività, l’unica strada percorribile è quella della ritorno alla qualità, nell’attesa che la stessa torni ad essere marchio di unicità ed eccellenza.

Nessun commento:

Posta un commento